III. PRENDERE LA PAROLA
Tutti sono invitati a parlare con coraggio e parresia, cioè integrando libertà, verità e carità. Come promuoviamo all’interno della comunità e dei suoi organismi uno stile comunicativo libero e autentico, senza doppiezze e opportunismi? E nei confronti della società di cui facciamo parte? Quando e come riusciamo a dire quello che ci sta a cuore? Come funziona il rapporto con il sistema dei media (non solo quelli cattolici)? Chi parla a nome della comunità cristiana e come viene scelto?
3’ ASSEMBLEA PARROCCHIALE PARROCCHIALE IN PREPARAZIONE AL SINODO
DOMENICA 20 FEBBRAIO
“BEATI I MITI, PERCHÉ AVRANNO IN EREDITÀ LA TERRA” (MT 5,5)
Ci ritroviamo (sempre più numerosi!) in Chiesa per iniziare il nostro terzo incontro con un’invocazione dello Spirito Santo e con una preghiera alla Madonna per chiedere il dono dell’ascolto.
Ascoltiamo insieme l’introduzione alla terza Beatitudine:
– “BEATI I MITI”, che sono coloro che si caratterizzano per un atteggiamento interiore che gli permette di stabilire con il prossimo relazioni mansuete ed affabili. Nell’Antico Testamento mite è anche solo il “povero”.
– “PERCHÉ AVRANNO IN EREDITÀ”, dove “eredità” è qualcosa di prezioso che non si conquista con le proprie forze ma che si riceve in dono. Nel Nuovo Testamento il verbo ha come oggetto la salvezza, che Dio offre all’uomo.
– “LA TERRA”, che è simbolo di vita, il luogo che garantisce a un essere umano di avere radici, stabilità. La terra promessa (Gen 15,18) è immagine di una felicità stabile e duratura, donata da Dio. In questo senso va compreso il passo di Sal 37,11, che ispira la beatitudine dei miti: ai poveri, a quanti pongono in Dio la loro fiducia, Dio promette la terra. Non imponendosi sugli altri con la violenza o la prepotenza, i miti sono nella disposizione per accogliere da Dio il dono di una vita piena.
Segue la lettura e commento del Vangelo dedicato alla mitezza di Gesù (MT 11,25-29).
Gesù parla della mitezza dei piccoli ed indica i piccoli come coloro che, emarginati e privi di ogni sicurezza, confidano unicamente in Dio; sono essi i destinatari in grado di accogliere il regno di Dio. Ai piccoli Gesù contrappone i sapienti e gli intelligenti e attacca la sapienza che fa montare in superbia e che non permette di accogliere la rivelazione di Dio.
Utilizzando la metafora agricola del giogo, Gesù allude alla condizione in cui versano i suoi destinatari come membri del popolo eletto. Egli si rivolge qui a quanti sono schiacciati dal peso di precetti e sterili osservanze; è questa la giustizia degli scribi e dei farisei, che dicono e non fanno, caricando la gente di pesi. Ad essi si oppone il giogo dolce di Gesù, che non si impone con la costrizione o con la forza.
Matteo è l’unico evangelista a parlarci della mitezza di Gesù. Egli entra a Gerusalemme (Mt 21,5) come un Messia differente da quello atteso; non costituirà un regno fondato sulla potenza e la violenza, ma subirà il rifiuto del suo popolo e rivelerà la propria mitezza nella passione.
Finito l’ascolto della Parola, ci dividiamo in piccoli gruppi per il momento di confronto sulle domande legate a quello che esprime la Parola letta:
– In me regna la mitezza e l’umiltà o piuttosto l’orgoglio e la vanità?
– Nella nostra comunità c’è corresponsabilità, abitudine a prendere insieme le decisioni oppure no?
Effettuiamo tre momenti di condivisione: quello in cui ognuno racconta agli altri la propria esperienza e riflessione su come vive il legame fra la Parola e le domande che sono state poste, quello in cui i partecipanti esprimono quanto risuona in loro di ciò che è stato detto dagli altri; l’ultimo in cui ci si domanda in sintesi cosa lo Spirito Santo sta dicendo a noi.
Con questi tre “giri” finisce il confronto e ci ritroviamo in Chiesa per la preghiera conclusiva, grati per aver potuto ascoltare lo Spirito Santo ascoltandoci reciprocamente.
Diamo appuntamento a tutti per la prossima assemblea pastorale, anche a coloro che non sono potuti intervenire finora.