A proposito di Halloween…

 

Alcuni mi hanno chiesto come mai io non faccia festeggiare Halloween ai miei bambini, chiedendomi se il motivo risiede in un “dictat” religioso o ideologico o politico…

Molto più semplicemente, io desidero, come mamma, spingere i miei figli verso ciò che li rende davvero felici e che li renda uomini e donne liberi; e i personaggi e le figure che caratterizzano Halloween non sono rappresentazioni di ciò che vorrei per loro (morte, paura, stregoneria, sangue ovunque…); e, attenzione, ciò non significa che a casa nostra non si parli della morte o della sofferenza, ma la risposta a questi grandi interrogativi non penso sia giocare ad aver paura o fare i morti viventi una volta l’anno.

 

Mi ha anche sempre stupito come, in alcune circostanze, mi è stato detto che non si possono turbare i bambini e i ragazzi parlando loro con franchezza della Shoà, degli attentati terroristici, delle morti dei migranti in mare, dei femminicidi o del demonio; però, poi, ad Halloween vestiamo da scheletro o da zombie i bambini, facciamo loro le ferite finte in faccia, i ragazzi più grandi vanno in giro con finti coltelli piantati in testa o con maschere spaventose. Forse alcune cose è più facile negarle e renderle una buffonata, piuttosto che mettersi in gioco per affrontarle insieme, cercando il modo di confrontarsi mantenendo l’equilibrio necessario, adattando il dialogo all’età dei bambini.

 

La festa in parrocchia non è per noi “l’alternativa ad Halloween”, ma è la festa di Ognissanti. Certamente si parla anche di morte o sofferenza: tutti i Santi hanno storie difficili o addirittura di martirio, ma loro sì che hanno trovato la risposta, perché hanno affidato la loro vita a Dio, hanno avuto frutti meravigliosi e ora godono del Paradiso e della Vita eterna, vedono Dio e vedono il bene anche dietro la sofferenza. Tutto decisamente più allettante della morte eterna, senza risposta, di uno che vaga per sempre sulla terra, senza meta, come uno zombie.

 

Dopo l’invito di Padre Lorenzo, ci siamo messi all’opera per cercare le storie dei Santi (ognuno ha il suo!) e per progettarne il costume. La storia dei Santi è così piena di fatti e di particolari che non è stato facile decidere. Sia io che mio marito abbiamo dedicato del tempo a raccontare, a progettare, a pitturare (non che il tempo ci avanzi, ma vale la pena toglierlo ad altro per i propri figli, anche 30 minuti possono fare la differenza, se di qualità!). Abbiamo arricchito i costumi con dolci e caramelle (monete di cioccolata per S. Matteo, caramelle come medicine per Madre Teresa ecc). Arrivati alla festa, le Suore ci hanno accolti con zucchero filato e altri genitori si erano messi in gioco ed erano stati dotati di abiti da Angelo o da Santi.

 

È stato bello partecipare anche attivamente (io, avendo il piccolo con me, ho interpretato S. Monica, con il piccolo futuro S. Agostino), i bambini ne sono stati entusiasti: del resto, se i grandi fanno qualcosa significa che è importante!

Ogni bambino si è poi presentato sul palco descrivendo la storia del Santo e il suo costume. Ognuno ha avuto l’importanza che meritava, perché ognuno di noi è prezioso e unico. È poi partita una fantastica “caccia al tesoro”, a squadre, tra prove di abilità, di intelligenza, perfino una prova di masterchef. Ogni squadra era guidata dagli Angeli e accompagnata dalle Suore (nel cammino di ciascuno, c’è spesso bisogno di una guida che ci indichi la strada!). A volte gli indizi erano dei rebus difficili da decifrare: ecco allora che i Santi, una volta cercati e trovati, potevano indicare le soluzioni (spesso la vita di chi ci ha preceduto in Cielo può aiutarci a capire o a interpretare anche i fatti della nostra vita). Altre volte, invece, gli indizi erano nascosti in giardino, per cui servivano le torce (quante volte abbiamo bisogno di luce per trovare la strada!).

 

C’erano anche due diavoli che, come nella vita vera, tentavano di distogliere i bambini dall’obiettivo e dalla ricerca del vero tesoro. I bambini correvano tra una prova e l’altra, le quadre erano miste, per età e genere, ma tutti sono stati coinvolti.

Finita la caccia al tesoro, siamo rientrati in sala, dove è stato consegnato un super premio di dolci e caramelle. A seguire, c’è stata la cena condivisa, ognuno ha portato qualcosa che è poi stato messo in comune.

A chiusura della festa, un momento di preghiera in chiesa con la “pesca” di un Santo per ogni bambino.

 

Alla festa sono scesi i Padri, le Suore e alcuni seminaristi. Penso che, oltre al divertimento, allo zucchero filato, alla pizza, alle caramelle (e chi più ne ha più ne metta!), ciò che di fondamentale è arrivato ai bambini è la gioia e la dedizione di chi li ha accolti e ha preparato per loro una festa senza risparmiarsi.

Mio figlio, di 13 anni, che inizialmente non aveva voluto mascherarsi, alla fine è anche salito sul palco presentandosi come “un ragazzo normale”, che aspira a diventare Santo; direi che la festa ha trasmesso con successo il suo messaggio!

Grazie di cuore a tutti!